06 Maggio
Il presidente di Fondazione Sospiro, Giovanni Scotti, analizza le incognite su ospiti e personale «Servono sostegni e interventi: la politica si muova subito o la crisi di settore sarà drammatica»
SOSPIRO Il presidente di Fondazione Sospiro (710 ospiti tra Rsa e Rsd, 750 operatori, 12 posti per post Covid a disposizione), Giovanni Scotti, interviene sul tema delle Rsa e Rsd, sul loro presente e sul loro futuro. «In primo luogo —dice Scotti — è tutto un sistema del welfare che andrà ripensato migliorando il sistema di coordinamento tra ospedali, case di riposo e medicina di base, che è ciò che è chiaramente mancato. Così come andranno valorizzati e non declassati i poli ospedalieri alla periferia della regione (ad esempio, sembra un secolo fa, ma è del 18 febbraio la conferma della regione ai sindaci della soppressione della Tin a Cremona e della conferma al no alla riapertura del Punto Nascite dell’Oglio Po): l’emergenza ha mostrato invece quanto i nostri ospedali siano efficienti ed essenziali per il territorio». Altro tema chiave, la ricerca. «Oggi tutto è focalizzato sulla malattia Covid19 – continua il presidente — . Con lo spavento che ci siamo presi non c’è dubbio che verrà incentivata la ricerca sugli effetti del virus SARS-CoV2. Però, nonostante la pandemia, purtroppo le altre gravi malattie non sono andate in pensione. Anzi, la compresenza del virus aggrava le varie situazioni. Bisogna dunque mantenere alto lo sguardo perché, sia in idee che in sostegni economici, non venga meno l’attenzione anche agli studi finalizzati a lenire altre sofferenze diverse dal Covid-19. Nel mio primo incontro con il direttore Marco Bencivenga, alla sua domanda come potessi definire il nostro territorio, ricordo di aver risposto:‘A Cremona ci si aiuta’. La solidarietà straordinaria di questi giorni sta dimostrando quanto sia vero. La speranza che esprimo come presidente di Fondazione Sospiro è che, anche in una logica territoriale, non venga meno il sostegno alla ricerca sui disturbi del comportamento nell’età evolutiva che stiamo promuovendo con l’Istituto Superiore di Sanità e le maggiori università di ricerca internazionali, che potrebbe portare sul nostro territorio un centro di eccellenza mondiale. È un servizio che migliorerà il progetto di vita di tanti bambini e ragazzi e darà sollievo alle loro famiglie che sono pesantemente coinvolte in queste problematiche» . Il futuro delle Rsa e, in generale, cosa fare da qui in avanti: Scotti traccia un profilo preciso. «Oggi tutte le Rsa/Rsd sono corpi feriti. Lo sono da un punto di vista morale: per i residenti defunti, per propri dirigenti o lavoratori morti o che hanno avuto un lutto in famiglia, per quelli che hanno subito gli effetti della malattia e ancora devono riprendere il loro posto, per l’enorme stress che è stato caricato, e ancora viene caricato, su maestranze e dirigenze, per l’ingiusta ombra riguardante il loro agire nell’emergenza. Lo sono da un punto di vista economico: per gli straordinari impegni finanziari che la pandemia ha imposto e sta imponendo, per i giusti ristori che dovranno essere corrisposti a chi si è impegnato in queste giornate difficili, per i posti letto non occupati che i decessi stanno provocando. C’è, dunque, la necessità che al più presto ci sia una verifica su come muoversi, come fare ripartire i servizi (gli ambulatori e i centri diurni, ad esempio, potranno essere come prima?), cosa eventualmente gestire insieme ad altre Rsa, ma soprattutto in che modo, quando e con quali garanzie riaprire gli ingressi di nuovi residenti». Infine, le domande e le richieste concrete per garantire un futuro alle strutture. «Il sostegno a questi corpi attualmente feriti delle Rsa — evidenzia Scotti — deve essere condiviso da vari attori. Perché se da parte regionale, ad esempio, non ci sarà un riconoscimento dei posti letto rimasti vuoti per decreto oppure un adeguamento di tariffe ferme da un decennio; se non ci sarà una condivisione di intenti, ma invece una conflittualità, con le organizzazioni sindacali; se a livello governativo non ci sarà un concreto riconoscimento del ruolo da noi svolto nella tutela dei bisogni sociali, ma si proseguirà nell’intento di gravarci di pesi normativi ed economici come è nella riforma del terzo settore; se i parlamentari cremonesi e cremaschi non si muoveranno all’unisono; se si continuerà con accuse varie, quante Rsa riusciranno a sollevarsi? E se non dovessero sollevarsi, quale sarà la destinazione degli attuali residenti o di chi al momento è ancora in famiglia, ma ha già bisogno di un ricovero? Quale sarà il destino di chi ora lavora nelle Fondazioni? Se si infierisce in vari modi sul corpo ferito delle Rsa e queste collassano (si tratta di 4.000 residenti e 4.300 lavoratori) il pericolo è una crisi sociale ed occupazionale che potrebbe sfociare in una feroce criticità di ordine pubblico. È dunque un tema da considerare con urgenza, subito».
articolo tratto dal Quotidiano la Provincia di Cremona del 5 maggio 2020
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